giovedì 12 aprile 2012

RITRATTO E CAPITALISMO


Il moderno ritratto rinascimentale è invenzione del capitalismo? Parrebbe proprio di si, visitando le sale della sontuosa mostra “The Renaissance Portrait” appena terminata al Metropolitan Museum di New York. Nella esposizione appariva una formidabile teoria di volti di banchieri e mercanti italiani del secolo decimoquinto dai grugni poco amichevoli ma dalle vesti raffinate, ritratti con accurato realismo in pose formali, da busti classicheggianti. E accanto a loro accostumate mogli, amanti leggiadre come ninfe e i figli, Ed ancora, in dipinti, busti e medaglie si mostrano signori di città ricche e moderne, spesso mercenari figli bastardi, come Niccolò III d'Este da Ferrara e l'urbinate duca Federico di Montefeltro o il suo rivale, lo scomunicato Sigismondo Pandolfo Malatesta di Rimini, che si sono conquistati il potere e la legittimità a colpi di spada, matrimoni e intrighi diplomatici. Ed ora si fanno effigiare su bronzee medaglie a guisa di imperatori romani, in atteggiamenti di liberale magnanimità o come umanisti protettori delle lettere e delle arti, e in verità lo furono. Tutta questa genia di parvenu, usa infatti l'arte e il ritratto spesso per crearsi una verginità sociale, per autorizzare con le loro pose statuarie e nobili volti antichi un pedigree che annulli nella magnificenza della cultura e del lusso le loro origini non aristocratiche. Basti pensare ai grandi, ma non nobili di schiatta, banchieri fiorentini come i Medici (ampiamente rappresentati in mostra), i Sassetti, i Portinari. Il ritratto diviene dunque un nuovo ed efficace mezzo di riscatto sociale, uno status symbol di propaganda politica. Se nella chiusa e conservatrice società d'impronta feudale quello che conta è la famiglia, la provenienza, nella nuova Europa mercantile, è l'individuo che acquista importanza; grazie all'ingegno ed alla virtù unita alla fortuna (direbbe Machiavelli), un uomo può cambiare la sua posizione sociale, divenire ricco, potente, leader politico ed alla fine anche nobile (come accadrà appunto ai Medici). In tale contesto sorge l'interesse per il ritratto, icona del nuovo mondo, quale consacrazione non dell'astratta idea della “gens”, bensì celebrazione del singolo e delle sue proprie e particolari qualità, ed affermazione nella esattezza dei tratti somatici della personalità. La mostra prende in esame opere a partire dal XV secolo, ma l'inizio di questa moda è molto prima, agli inizi del Trecento, appunto quando comincia quella nuova società mercantile, descritta dal Decamerone; e il primo ritratto moderno, realistico ed ipocrita, è quello dell'usuraio Enrico Scrovegni, effigiato da Giotto, nella chiesa di famiglia, e posto dall'artista nel Paradiso, beato e umile accanto alla Madonna, nello stesso periodo in cui Dante caccia (e giustamente) suo padre Reginaldo, seduto sotto una pioggia di fuoco, all'Inferno.

Piergiacomo Petrioli